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Crisi d'impresa

Responsabilità degli amministratori senza deleghe nel reato di bancarotta fraudolenta

Gli amministratori senza deleghe rispondono del reato di bancarotta fraudolenta solo se vi è la prova della effettiva conoscenza delle condotte mendaci o distrattive degli amministratori dotati di deleghe e della volontà di avallarle con la propria inerzia (Cass. 13 giugno 2022 n. 33582).

Gli amministratori senza deleghe sono responsabili verso la società nei limiti delle attribuzioni proprie (secondo il combinato disposto dagli artt. 2392 c. 1 e 2381 c. 5 c.c.). In buona sostanza, egli rispondono solo quando non hanno impedito fatti pregiudizievoli degli altri amministratori in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (Cass. 31 agosto 2016 n. 17441). Egli, pertanto, non rispondono a titolo di responsabilità oggettiva per le condotte dannose degli altri amministratori.

In tema di bancarotta fraudolenta, la responsabilità degli amministratori privi di deleghe si fonda su un rimprovero per dolo eventuale (ai sensi degli artt. 216 e 223 L.Fall.). A tal proposito, si ritiene necessario ad integrare il dolo eventuale che il consigliere privo di delega sia concretamente venuto a conoscenza dei segnali di allarme da cui desumere un evento pregiudizievole (o un rischio di evento pregiudizievole) per la società e sia rimasto volontariamente inerte così avallando le condotte mendaci o distrattive degli amministratori dotati di deleghe (Cass. 5 ottobre 2012 n. 23000).

La prova del dolo eventuale esige la rigorosa dimostrazione del fatto che il soggetto agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa. A tal fine l'indagine giudiziaria può fondarsi sugli indicatori fattuali esemplificativamente enucleati di seguito (Cass. 24 aprile 2014n. 38343):

  • la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa;
  • la personalità e le pregresse esperienze dell'agente;
  • la durata e la ripetizione dell'azione;
  • il comportamento successivo al fatto;
  • il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali;
  • la probabilità di verificazione dell'evento;
  • le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione;
  • il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento.

 

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Antonio De Francesco
Dottore commercialista - Revisore legale

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